Le Curiosità di Sesto Fiorentino
Sextum Lapidem
Con l’arrivo dei romani, come a Firenze, avvenne la centuriazione della campagna e si può comprendere bene dai toponimi della zona: Terzolle, Quarto, Quinto, Sesto e Settimello.
Sesto Fiorentino nel medioevo fu parte della Repubblica Fiorentina diventando poi un capoluogo del contado. Nel nel ‘700 vide un notevole sviluppo economico diventando un grande centro manifatturiero grazie al Marchese Carlo Ginori che fondò la Manifattura di Doccia, una delle prime fabbriche di porcellane d’Europa.
Il direttore della Manifattura Ginori è stato Paolo Lorenzini, fratello di Carlo meglio conosciuto come “Collodi”, e il suo capolavoro “Le avventure di Pinocchio” vede come ambientazione proprio Sesto Fiorentino.
La denominazione Sesto Fiorentino arriva nel 1869 dando nome al centro abitato che si era sviluppato al sesto miglio di distanza da Firenze
Monte Morello
Il Monte Maurillo ha un’importanza paesaggistica ed ambientale unica, e rappresenta il punto di riferimento per tutti i cittadini della piana fiorentina.
L’origine del nome non è certa ma presumibilmente deriva dal nome del proprietario terriero romano Maurillus o per la il valore del suo patrimonio boschivo.
All’epoca del Granduca Cosimo I la montagna fu quasi totalmente disboscata per la realizzazioni dei palazzi medicei e gli Uffizi, ma il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, il sovrano illuminato, nel 1784 impiegò i frati dei conventi di Montesenario, Camaldoli e Vallombrosa per un’importante opera di rimboschimento, un processo che continuò fino ai nostri giorni, che ha visto tornare il nostro Morello dall’aspetto silvestre grazie a Cipressi, Pino Nero e Abete Bianco.
Via di Rimaggio
Il contesto naturalistico del Torrente Rimaggio negli ultimi anni è stato valorizzato per preservarne l’ecosistema e per offrire ai cittadini un ambiente quasi incontaminato a due passi dalla città.
Via Potente
Morì a 31 anni all’ospedale di Greve in Chianti dopo essere stato colpito da una granata in Piazza Santo Spirito a Firenze durante un rastrellamento, proprio nelle fasi finali dell’occupazione tedesca.
Il "Viottolone"
Sull’origine del singolare filare fino al secolo scorso circolava una curiosa leggenda: un rampollo della casata Ginori lo avrebbe realizzato per far colpo su una giovane Guicciardini che abitava nella villa più a sud. Si tratterebbe quindi di un’opera d’ingegneria botanica, volta a far trionfare l’amore. Secondo la leggenda sarebbe servita a superare il dislivello di lignaggio fra le due famiglie.
Per quanto le leggende nascondano sempre qualcosa di vero, ad acquisire per primi un titolo nobiliare furono invece proprio i Ginori nel 1450, anticipando di quasi due secoli i Guicciardini. Inoltre i Ginori acquistarono la villa nel 1525 e realizzarono il “viottolone” nel Seicento. I Guicciardini, invece, divennero proprietari della villa di Sesto solo nel 1907.
Rimane quindi il dubbio sull’origine del “viottolone”: amore o esperimento botanico?
Tratto da: Daniele Niccoli, “Sesto. Una bella storia”, edizioni «apice libri».
Il “prosciutto di Maino”
Quando qualcuno fa sogni impossibili e irrealizzabili, i sestesi usano dire che sta pensando al “prosciutto di Maino”. Ma come nasce la storia di quel prosciutto?Maino, all’anagrafe Guido Giorgi, era un giovane mingherlino. Aveva una sorella, Giorgia, che una mattina ebbe come compagna nella vicenda che l’avrebbe portato all’immortalità popolare.
Era la fine del 1940, solo il primo anno di guerra, ma la povertà e la fame erano già l’afflizione dei più.
Maino e la sorella, non meno affamati degli altri, cominciarono a fantasticare sull’ipotesi di possedere un prosciutto. I due, seduti davanti a casa, si sbizzarrivano sui tanti modi per usare quel “Bendiddio”: panini, minestra con le cotiche, prosciutto “abbrustolito”, insalate… Poi si trattò dell’osso del prosciutto, notoriamente parte prelibata che, all’epoca, si era soliti usare per farci una sorta di brodo.
A quel punto le parole divennero grosse, dalle parole si passò ai fatti, tanto che i due fratelli si pestarono a sangue per avere un osso inesistente di un prosciutto che non esisteva.
Da qui l’uso di dire, a chi fa i cosiddetti “castelli in aria”, che sarebbe meglio stare con i piedi per terra.
Testo di Daniele Calieri, tratto da: “E. Andreini – F. Gambacciani, Tutto quello che avreste sempre voluto sapere su… Sesto”, edizioni «apice libri».
Il Tondo
Nella seconda metà dell’Ottocento a Sesto furono molto apprezzate le corse con i cavalli, tanto che un gruppo di industriali provvide alla costruzione di una pista, nella zona dove oggi si trova piazza Edmondo De Amicis non a caso definita dai vecchi sestesi I’Tondo per la forma della vecchia pista.
L’impianto fu inaugurato nel 1890 in occasione della fiera, alla presenza di 4 mila persone, e vi si svolsero anche alcune competizioni internazionali. la pista portò grande vantaggio per il benessere di Sesto che vide in queste occasioni accorrere, da Firenze e Prato, gran concorso di gente e di denaro. Purtroppo però subentrarono delle difficoltà, e l’inaugurazione dell’ippodromo delle Mulina alle Cascine ne decretò il declino.
Nel 1896 il Tondo fu modificato per ospitare corse ciclistiche, ma questo sport ancora non attirava grandi folle e così dall’anno successivo fu utilizzato solo per qualche festa e qualche rara corsa podistica.
Dopo anni di decadenza, l’area fu acquistata dall’Amministrazione comunale che la utilizzò per la costruzione della scuola e delle case popolari.
Tratto da: Daniele Niccoli, “Sesto Fiorentino. I giorni della nostra storia”, edizioni «apice libri».